Lunedì 07 Settembre 2020
Sulla base della normativa vigente, considerando che non è ancora stato emanato il Decreto "Aprile 2020", possimo fare il punto nei seguenti termini:
• Il Covid-19 viene considerato come un vero e proprio infortunio sul lavoro e, come tale, viene assoggetta alle norme che regolano questo evento.
• Gli articoli 10 e 11 del D.P.R n.124 del 30 Giugno 1965 regolamentano l'azione di regresso dell'INAIL
Ciò significa che nel caso in cui il datore di lavoro o un suo dipendente vengano condannati per un reato perseguibile d'ufficio, quindi in caso di morte del lavoratore, l'assicuratore pubblico può agire in regresso verso il datore di lavoro stesso, sia per il caso di omicidio colposo che per quello di omicidio doloso.
Le lesioni personali dolose e quelle colpose sono disciplinate rispettivamente dal art. 582 e dall'art. 590 del Codice Penale e prevedono:
In pratica, come detto prima, in caso di morte del lavoratore si avrà sempre un reato perseguibile d'ufficio. Per ciò che riguarda le lesioni, quelle dolose saranno perseguibili solo se di durata superiore a 20 giorni e in assenza di aggravati di legge mentre quelle colpose, "limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale", se di durata maggiore a quaranta giorni e se determinano lesioni gravi o gravissime, quindi invalidanti, saranno altresì perseguibili d'ufficio. Relativamente alle lesioni colpose lievi e lievissime, invece, l'INAIL non potrà mai agire in regresso verso il datore di lavoro, anche se queste siano riconducibili ad evidenti violazioni delle norme antinfortunistiche o presentino sentenza penale di condanna.
Considerando che, è la prima volta che una malattia acuta viene considerata infortunio, bisognerà capire quali sono le violazioni che potrebbero essere ritenute rilevanti per la determinazione di lesioni gravi o gravissime e che quindi potrebbero portare ad un'azione di regresso dell'INAIL.
In più, tenendo conto del fatto che abbiamo una produzione continua di norme legislative non sempre chiare ed armoniche, decifrare quali siano le situazioni che potrebbero portare a violare "le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro" non sarà un problema di facile risoluzione.
Secondo il Protocollo per la sicurezza negli ambienti di lavoro del 14 Marzo 2020 per il contenimento della diffusione del Covid-19, al momento della ripresa delle attività lavorative bisognerà:
-riorganizzare gli spazi e le postazioni di lavoro, per assicurare un'adeguata distanza di sicurezza tra i lavoratori;
-intervenire sui turni e sull’ orario di lavoro, con l'obiettivo di contenere la presenza di dipendenti;
-bonificare e riorganizzare le mense aziendali, i punti di ristoro, gli spogliatoi, i servizi igienici ed ogni altro locale a disposizione dei dipendenti, e garantire un adeguato ricambio d’aria, disponendo la riduzione al minimo dei tempi di occupazione e fruizione degli stessi;
-intervenenire sulla gestione dell’entrata e dell’uscita dei lavoratori, ricorrerendo ad orari scaglionati e con differenti ingressi per l’entrata e l’uscita dagli stabilimenti;
-la temperatura corporea dei dipendenti dovrà essere controllata all’ ingresso, impedendo l’accesso a chi avesse una temperatura superiore a 37,5°.
-fornire ai dipendenti le indicazioni del ministero della Salute e dell’I.S.S. sulla prevenzione dell’ epidemia, mettendo a loro disposizione prodotti detergenti e disinfettanti per le mani.
-fare ricorso diffuso a dispositivi di protezione individuali come guanti e mascherine e adottare tutte le misure atte ad impedire il contagio dei lavoratori.
-secondo quanto previsto dalla nota n. 89 emessa il 13 marzo 2020 dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro bisognerà raccogliere in un allegato del D.V.R. (documento di valutazione dei rischi) la procedura per l’ individuazione delle misure di prevenzione e tutela dei lavoratori da Covid-19
-secondo l’art. 2087 del Codice Civile: “L’ imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’ esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’ integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.“
• Giungiamo quindi alla conlusione che, se il contagio del lavoratore fosse, con certezza, riconducibile alla violazione delle norme sopra citate e la durata della malattia fosse inferiore a 40 giorni, sicuramente l’INAIL non potrebbe effettuare alcuna azione di regresso contro il datore di lavoro. Se invece la malattia avesse una durata superiore a 40 giorni o avesse causato un’invalidità permanente, l’INAIL potrà presentare azione di regresso ma solo in presenza di certa violazione delle norme antinfortunistiche con condanna penale del datore o di un suo dipendente; infine,nel caso in cui la malattia avesse esito infausto e per esso vi fosse condanna penale del datore di lavoro o di un suo dipendente, anche in assenza di violazione di norme antinfortunistiche “o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale“, l’INAIL potrebbe esperire azione di regresso anche in assenza di violazione di dette norme.
Nel caso di perdita del regime di esonero della responsabilità civile da parte del datore, il lavoratore colpito dal virus o i suoi aventi causa potranno agire contro il datore di lavoro per il risarcimento dei danni “differenziali” non coperti dalla garanzia INAIL.
• Sarà essenziale leggere quanto previsto dalle C.G.A per capire se tali azioni (di regresso da parte dell'INAIL e di risarcimento del danno differenziale da parte del lavoratore o i suoi aventi causa) possano rientare in garanzia nella polizza RCO.
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